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La valle dei castelli
Castello dell’Innominato
Situato sulle colline di Vercurago, il Castello dell’Innominato è una fortificazione medievale che ha ispirato l’immaginario collettivo grazie al celebre romanzo di Alessandro Manzoni, “I Promessi Sposi“.
Dalla sommità del castello si gode di una vista spettacolare sul Lago di Garlate, sul Monte Barro e sulle circostanti colline.
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La storia
Il castello, posto a 420 metri, permette di controllare la Val San Martino, per cui una posizione ritenuta strategica. Del maniero si conservano ancora le mura perimetrali, alcune torri, i bastioni difensivi, mentre altre parti sono frutto di ricostruzioni. Di questo luogo, identificato nella rocca di Vercurago, il Manzoni ne dà chiara descrizione nel suo libro. Nel romanzo, lo scrittore descrive la figura dell’Innominato, il potente bandito da cui si reca Don Rodrigo per chiedere il rapimento di Lucia Mondella. Quest’ultimo abita in un castello che per tradizione è assimilato al Castello dell’Innominato. La descrizione che ne fa il Manzoni contiene elementi realmente visibili nel castello reale. Il nome “Castello dell’innominato” è dovuto al fatto che fosse abitato da Francesco Bernardino Visconti, signore di Brignano, Gera d’Adda e Pagazzano, il quale si macchiò di gravissimi reati, da cui il Manzoni si ispirò per l’Innominato dei Promessi Sposi.
“…Il castello dell’Innominato era a cavaliere di una valle angusta e uggiosa, sulla cima d’un poggio che sporge in fuori da un’aspra goigaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti. Quella che guarda la valle è la sola praticabile; un pendio piuttosto erto, ma uguale e continuato; a prati in alto; nelle falde a campi, sparsi qua e là di casucce. Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o torrentaccio, secondo la stagione: allora serviva di confine ai due stati”.
Alessandro Manzoni
Sulle colline che dominano il lago, il Castello dell’Innominato, un tempo forse torre di vedetta carolingia, ha visto susseguirsi secoli di storia. Le prime prove documentate di una fortificazione con una torre centrale in stile romanico-gotico risalgono a prima dell’anno 1000. In origine, si trattava di una torre di segnalazione che faceva parte del sistema difensivo carolingio. La fortezza esisteva già al tempo dell’imperatore Federico Barbarossa, che regnò nel XII secolo come imperatore del Sacro Romano Impero. Ulteriori testimonianze attestano la presenza di una rocca appartenente alla famiglia Benaglio, potente casata alleata con i Della Torre, nel 1284. Nel 1312 la rocca risultava essere parte dei possedimenti di Guido Della Torre.
XIII secolo: I Benaglio, potente famiglia guelfa, ne fanno la loro roccaforte.
XIV secolo: Il castello diventa parte della linea difensiva di Federico Barbarossa.
XV secolo: Passa sotto il dominio della Repubblica di Venezia.
1509: Viene saccheggiato e in parte distrutto dalle truppe francesi.
Barnabò Visconti, nemico dei Della Torre, iniziò la demolizione del castello, utilizzando i materiali per altre costruzioni. Anche la popolazione locale sfruttò il castello come fonte di pietre e materiali, contribuendo così a modificare gran parte della struttura originaria nel corso dei secoli. La proprietà del castello fu a lungo contesa tra Milano e Venezia, fino a quando passò definitivamente sotto il controllo della Serenissima con la Pace di Lodi. Nel 1509, le truppe francesi e brianzole attaccarono ciò che rimaneva del castello, distruggendolo ulteriormente. Successivamente, al suo interno fu istituita una dogana.
Le mura originali subirono ulteriori danni nel 1799, quando furono colpite da cannonate austro-russe nel tentativo di riconquistare Lecco dai francesi che si erano rifugiati nel castello. Nel 1534, Girolamo Miani, poi noto come San Girolamo Emiliani, decise di utilizzare i resti del castello per accogliere orfani, fondando una scuola di grammatica e insegnando loro un mestiere. Miani è il fondatore dei Chierici Regolari di Somasca, conosciuti come Padri Somaschi. Nel 1628, la famiglia Limonta di Vercurago, proprietaria del castello, lo cedette ai Padri Somaschi.
Il castello dell’Innominato di oggi
Delle antiche mura e delle possenti torri del castello, oggi rimangono solo delle rovine. Eppure, già ai tempi di San Girolamo Emiliani, che vi trovò rifugio per i suoi orfani, il castello aveva perso gran parte del suo antico splendore.
Nonostante ciò, il fascino di questo luogo, arroccato su una rupe e immerso nella natura, continua a esercitare un’attrazione irresistibile. La lunga scalinata scavata nella roccia e i resti delle fortificazioni ci riportano indietro nel tempo, evocando immagini di assedi e battaglie.
La tradizione popolare ha voluto considerare questo come il luogo al quale si è ispirato Alessandro Manzoni per ambientare il suo “I Promessi Sposi” per via della sua collocazione impervia e arcigna dalla quale si domina il Lago di Garlate, il Monte Barro, l’abitato di Vercurago e la riva di Lecco del lago d Como.
Per raggiungere il castello, si può intraprendere a piedi la Via delle Cappelle, partendo dal parcheggio della Basilica di Somasca. Da lì, si passa per la Valletta fino ad arrivare al Castello. Dalla cinta muraria si gode di una splendida vista sul lago di Lecco e sulle montagne a nord, e sul fiume Adda che si estende verso la Brianza a sud.
Il Castello dell’Innominato è molto più di una semplice rovina: è un luogo dove storia, leggenda e natura si fondono in un’unica emozione.