Val San Martino

Pota, so de Berghem!

Pota, so de Berghem!

Oggi, 17 gennaio, ricorre la "Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali", istituita nel 2013 dall'Unione Nazionale delle Pro Loco con il fine di salvaguardare e valorizzare queste espressioni appartenenti al nostro patrimonio immateriale.

dialetto

Pota, so de Berghem!

Pota, so de Berghem!

Oggi, 17 gennaio, ricorre la "Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali", istituita nel 2013 dall'Unione Nazionale delle Pro Loco con il fine di salvaguardare e valorizzare queste espressioni appartenenti al nostro patrimonio immateriale.

Dialetto, la lingua del cuore

Fino alla generazione dei nostri padri, il dialetto era la lingua madre di molti italiani e la lingua italiana invece era quella che si imparava a scuola.

Di sicuro avete sentito parlare e magari parlate voi stessi un dialetto. Il fatto non è così eccezionale, se si pensa che l’Italia è la nazione europea più ricca di dialetti. Anzi, fino a pochi decenni fa la maggior parte della popolazione italiana sapeva parlare solo il dialetto e non conosceva l’italiano; perfino l’italiano stesso non era che uno dei tanti dialetti parlati in Italia.

Infatti, l’italiano deriva dal latino, così come dal latino discendono molti dialetti che si parlano in Italia. Inizialmente i dialetti venivano chiamate lingue volgari. La parola volgare vuol dire appunto parlato dal volgo, cioè dal popolo, ed il toscano all’inizio era solo uno dei tanti volgari. L’italiano si chiama così, infatti, solo dal 16° secolo e con il termine italiano si indica il volgare toscano riconosciuto ormai come lingua di tutta la nazione.

Molti dialetti italiani sono delle vere lingue, plasmate nei secoli dai diversi popoli della penisola, e sono un vero patrimonio linguistico tutelato dall’UNESCO come minoranze linguistiche. Da millenni la Val San Martino è stata imparentata con Berghem e da questa città abbiamo ereditato, tra le altre cose, anche un modo di parlare.

Ma, come spesso accade, le genti vengono classificate dalle istituzioni, non tenendo conto che si dovrebbe valutare che dietro le comunità umane esiste un’anima composta da tradizioni, lingua e storia.

In tutta la Valle, il dialèt bergamàsch è ancora parlato dalla popolazione. Il bergamasco è derivato dal latino volgare innestato sulla precedente lingua celtica parlata dai Galli. Nei secoli subì varie alterazioni, le più importanti delle quali avvennero con la discesa dei Longobardi, che lasciarono terminologie germaniche tutt’ora in uso. Ad esempio trincà=bere, gregnà=ridere, bütér=burro e tanti altri verbi e sostantivi.

Una giornata che nasce con l’obbiettivo di salvaguardare e promuovere l’aspetto linguistico del patrimonio del territorio, per la riscoperta della propria identità culturale. Non ci sono pretese, anche perché a Vercürach si dice in un modo, in Valderf’ in un altro ed a Cavrì in un altro ancora. Il nostro è una variante molto locale inquinato dalla vicinanza con il lecchese e brianzolo.

Ma quello che non dobbiamo perdere è racchiuso in questa poesia di Italo Neri:

A töte i ure, síra, nòcc e dé,
èl basta ü «drin-drin» d’ü campanèl,
per fà che d’töte i bànde i ríe lé,
per di a töcc, che ognü, lè sò fradèl.
I ria in d’ü moment, delà, de ché,
dutúr e infermiér, e amò piö bèl,
gh’é töta öna passiù, ün vüliss bé,
l’«amúr», che ognü èl gh’à, per chèst e chèl.

Calóls, col «Prónt Socórs», l’é fortünàt;
piö tàt che ü doér, l’é ‘na «missiú»,
che ognü è l fà al «prossem» piö malàt,
istèss che s’fa … cantàndo öna cansú.
L’è zét, che dé è nòcc, con mènt e cör,
la dis, ché, ghè piö gnà ‘l tép de mör.

dialetto

Condividi su

Condividi su

Potrebbe interessarti

Torna in cima