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Arte & Cultura
Luigi Torri (1904-1996)
Luigi Torri (1904-1996) era un collezionista di fossili molto conosciuto, tanto da essere soprannominato “chèl di sass”.
Frequentò l’Esperia di Bergamo. Lavorò a Lecco poi alla Breda di Milano. Nel frattempo cominciò a salire sulle montagne e a portare a casa sassi. La moglie era una baggiana, nata al di là dell’Adda. I due si amalgamavano. Lei sapeva fare di tutto in casa, dalle tende alle coperte. Assecondava la passione del marito. Vivevano da spartani, pietre in ogni angolo.
Originario di Caprino Bergamasco, coltivò fin da bambino la passione per la scienza, le rocce e l’amore per la terra dove aveva sempre vissuto, alle pendici del gruppo dell’Albenza. Monti e valli che imparò a conoscere come le sue tasche in un’esplorazione incessante che perseguì per tutto il corso della sua vita.
Le sue scoperte in ambito geopaleontologico furono rilevanti tanto che nel 1945 era già in contatto con la comunità scientifica. Vari i riconoscimenti tra cui il geologo e cartografo Ardito Desio che dedicò a lui la scoperta di un nuovo genere di ofiura Ophioderma Torrii Desio. A questa seguiranno altre cinque specie di fossili che porteranno il suo nome.
Nel 1959, Vittorio Vialli, paleontologo e vice presidente del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, pubblica uno studio sulle ammoniti sinemuriane del monte Albenza.
L’autore non manca di lodare Luigi Torri per il suo lavoro, fondamentale per la conoscenza geo-paleontologica del territorio dell’Albenza, sino ad allora poco conosciuta.
Nel 1962, terminata la sua attività lavorativa si ritira in pensione e finalmente ha la possibilità di dedicarsi alla sua passione a tempo pieno. Le raccolte divennero metodiche. Partiva la mattina e tornava la sera, lo zaino carico. Alto di statura e forte scendeva e risaliva lungo pendii, negli avvallamenti, tra i ghiaioni. Batteva le grotte, le gallerie di Valcava dove operai e tecnici conoscevano la sua passione. Aveva riempito la casa di pietre di quarzo, calcite, marmo, rocce vulcaniche, stalattiti, secrezioni di barriera corallina.
Lui aveva un quadernetto. Usciva e annotava di quel che trovava: dove, quando, come, il contesto, la vegetazione, le analogie con altri ritrovamenti. Torri trovò non solo segni di esseri acquatici ma pure tracce di mammut, ossa di cervi ormai estinti. Capitò in cave ancora nascoste da vegetazione dove rinvenne archibugi e spade, segni di utilizzi in tempi recenti. Scoprì in un fossile una specie di stella marina che gli ha meritato il nome nella classificazione scientifica. Duecentotrenta milioni di anni fa qui come in tutta la zona pedemontana c’era il mare. Le rocce sono affiorate, sovrapposte, amalgamate, piegate, spaccate e dal vuoto affiorava magma o si riempiva d’altro.
Nel frattempo la collezione ha già acquisito una certa popolarità e diversi istituti scientifici si dimostrano interessati. Fra questi l’Università di Milano, il cui rettore Cattabeni e il già citato Desio, dopo averla visitata, si rendono conto del grande valore scientifico di questa raccolta e si offrono di rilevarla. Torri rifiuta; vorrebbe che il materiale restasse negli stessi luoghi in cui venne scoperto, ma il sogno non sembra facile da realizzare. Nonostante i suoi propositi, negli anni che seguirono parte della sua raccolta venne comunque trasferita all’Università di Milano che in seguito la donò al Museo di Scienze Naturali di Bergamo.
Diversi furono inoltre gli esemplari che Luigi Torri personalmente donò al Museo Scientifico Naturalistico Antonio Stoppani di Venegono Inferiore, in virtù del senso di riconoscimento e di amicizia che lo legava al Seminario e ai suoi direttori.
Nel 1996 Luigi Torri scomparve e la municipalità di Caprino Bergamasco acquisì quel che era sopravvissuto della sua collezione, affinché potesse essere esposto all’interno del palazzo municipale a beneficio della collettività presente e futura.