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Le vie della fede

Cappella dei morti del Pascolo

In località Pontenuovo a Calolziocorte, in un giardino protetto da recinzione, sorge la cappella dedicata ai Morti del Pascolo.

La Cappelletta dei morti del Pascolo fu eretta in memoria delle vittime della peste del 1630-1632, come narrato da Manzoni nei “I Promessi Sposi”.

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La Chiesa

All’epoca, le leggi imponevano ai Comuni di creare lazzaretti per isolare i contagiati, dotati anche di fosse comuni per i defunti. Su queste fosse comuni, anni dopo la fine dell’epidemia, vennero costruite le Cappellette dei morti.

Della zona dei Morti del Pascolo, anticamente chiamata Lavellino in quanto soggetta al Convento del Lavello, ne scrive nel 1861 il parroco di Calolzio don Antonio Ubiali indirizzando il tutto al Vescovo di Bergamo. Parla del tempietto degradato dagli anni e dalle intemperie.

La nostra Cappelletta, di pianta quadrata, aveva su ogni parete l’effige di un Santo: San Martino verso Calolzio, San Michele verso Foppenico, i Santi Cosma e Damiano verso Sala e, sul lato verso il fiume Adda, San Carlo Borromeo. Secondo alcuni scritti, infatti, nella nostra località vennero sepolti anche i corpi di alcune vittime di Villa San Carlo di Valgreghentino. Nel corso dei secoli questa cappella fu più volte restaurata, mentre i dipinti originali delle varie facciate andarono persi. Con l’arrivo dell’arciprete don Cristoforo Salvi e nel 1929 si erige il protiro con le quattro colonne.

All’inizio della strada di Via San Rocco, che conduce alla Cappelletta, fino a qualche anno fa c’era una colonna di granito alta circa un metro, che aveva, nel proprio interno, una cassetta per l’elemosina per le spese di manutenzione della cappellina. Dopo l’allargamento della strada la colonna fu rimossa.

Terminata la seconda guerra mondiale, nell’anno 1950 tra gli abitanti della frazione Ponte Nuovo si intese ristrutturare la cappellina, come memoria degli antichi e recenti defunti. Con l’importante intervento di restauro del 1950, promosso per l’Anno Giubilare, la Cappelletta assunse l’aspetto che ancora oggi possiamo osservare.

Il pittore Orlando Sora di Lecco fu incaricato della realizzazione artistica, mentre l’intera frazione contribuì con impegno: chi finanziariamente, chi prestando opera come muratore, imbianchino, fabbro, e le donne realizzarono tovaglie e arredi per la cappella. Il giorno dell’inaugurazione venne riposta, in una bottiglia, una pergamena con il nome e cognome di tutti coloro che a vario titolo avevano contribuito alla realizzazione dell’opera. La bottiglia fu cementata sotto il pavimento dell’altare.

Anticipata da un sagrato pavimentato in erba e in parte in pietra, è formata da un portico, rialzato di due gradini rispetto allo spazio antistante, in opera su quattro colonne poggianti su alti basamenti: le colonne terminano con capitelli che sorreggono l’arcata della facciata in mattoni a vista, aperta ad arco verso l’esterno. Due esili lesene alle estremità sorreggono il cornicione orizzontale.

Un cancello in ferro divide questo breve spazio di porticato dall’interno, pavimentato con lastre in pietra con posizionato sulla parete di fondo l’altare. Sopra quest’ultimo è collocato un quadro raffigurante la Madonna con Gesù Bambino.

Morti del Pascolo - Cappella dei morti del Pascolo
Morti del Pascolo - Cappella dei morti del Pascolo

La colonna di granito, custodita dal signor Paolo Lozza e restaurata da Valter Maggioni con l’aiuto di altri volenterosi è stata messa a dimora all’entrata del giardino adiacente la cappelletta.

I quadri di Maria con Gesù Bambino, di chiara composizione classica, e il San Rocco inginocchiato in preghiera, ambientato nell’indigenza, realizzati da Orlando Sora su ardesia, sono state finanziate dal Rag. Mario Rebosio, famiglia milanese che aveva la villa di vacanze in zona.

La colonna di granito, custodita dal signor Paolo Lozza e restaurata da Valter Maggioni con l’aiuto di altri volenterosi è stata messa a dimora all’entrata del giardino adiacente la cappelletta.

I quadri di Maria con Gesù Bambino, di chiara composizione classica, e il San Rocco inginocchiato in preghiera, ambientato nell’indigenza, realizzati da Orlando Sora su ardesia, sono state finanziate dal Rag. Mario Rebosio, famiglia milanese che aveva la villa di vacanze in zona.

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